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martedì 15 dicembre 2015

ARRIVEDERCI ROMA

Strano questo mondo, il mio intendo. Passi 15 anni in una città: tanti, talmente tanti che scappare sembrava essere l’unica soluzione. Poi ci ritorni a causa del lavoro, per un mese e mezzo, e capisci che qui non ci si sente turisti o ospiti. Qui ci si sente a casa.
Nella mia precedente vita romana non ero un runner.  Per correre correvo, intendiamoci,  ma erano altri traguardi, altri obiettivi: non perdere il treno, non mancare ad un appuntamento, arrivare in orario a prendere il bambino etc. etc.. I tempi sono stretti e le distanze dilatate: vivere “a Roma” e vivere “Roma” è davvero impegnativo. In quegli anni il mio sport preferito era il calcetto: tante soddisfazioni, mai però grandi come quelle che la corsa mi ha dato. Quello sport (il calcetto) grazie al quale ho avuto la possibilità di conoscere ed amare la corsa. Se non fosse stato infatti per la rottura del legamento crociato anteriore destro ed il parziale distacco del menisco avuti proprio grazie ad esso, oggi non starei qui a scrivere in un “RunningBlog”.
Ho corso, prima d’ora, solo in tre occasioni nella capitale:  a Villa Borghese in una precedente missione, all’EUR (in occasione della Roma-Ostia) ed un po’ in tutta la città nella Maratona del 2013. In questi 45 giorni ho invece avuto la possibilità di correre più frequentemente nella “Caput Mundi”, spesso a dire il vero nel sedime aeroportuale che mi ha ospitato. Fortunatamente nei pressi di Centocelle esiste uno dei parchi più suggestivi di Roma: Parco degli Acquedotti. “Il Parco degli Acquedotti è un'area verde che ha un estensione di circa 240 ettari. Il nome deriva dalla presenza in elevato o sotterranea di sette acquedotti romani e papali che rifornivano l'antica Roma.  E’ ricco di vegetazione arborea, in particolare i pini. Comprende anche un laghetto che sgorga dall'acquedotto Felice e che dà vita a un corso d'acqua e a una cascata che ricalcano l'antica marrana dell'Acqua Mariana. È meta frequente di visitatori e amatori che possono godere di estesi percorsi in terra battuta per jogging e mountain bike, oltre agli impianti sportivi privati esistenti sull'area dedicati a calcio, calcetto, tennis, rugby e golf. Vi si svolgono ancora attività agricole e di allevamento.”
Ecco: ora avete un idea di che bel posto ho trovato per correre.
Naturalmente le emozioni legate a questo parco sono state tante. Innanzitutto i ricordi legati al precedente passaggio: capitava spesso in primavera e nella prima estate di stazionare nei pressi di uno spiazzo in terra battuta delimitato da 2 porte senza reti, in attesa che si arrivasse al giusto numero di persone per giocare una partita. E spesso tra i tanti sconosciuti presenti, ho avuto l’onore di giocare con Ninetto Davoli che al grido di “’nnamo rigazzì” si proclamava capitano di questa o di quella squadra. Sorpresa gradita poi fu scoprire che questo stesso parco è stato sede delle riprese effettuate nel film “Il Marchese del Grillo”, con Alberto Sordi e Flavio Bucci. Indimenticabile la scena del lancio della monetina rovente alla zingarella, che incurante la raccolse e, testatane l’autenticità con i denti, la mise in petto. Per ultimo, nel bouquet dei ricordi, l’autografo che riuscii a strappare al mitico Capitano Francesco Totti, di passaggio qui con la madre e la vecchia compagna, Maria Mazza.
Correre tra i resti dell’imponente acquedotto dà una carica non indifferente. Attraversare le sue arcate, alternarsi al di la di esse tra zone d’ombra e zone illuminate da un tiepido sole, ti fa assaporare ancor di più la storia, quella antica e quella più recente della Roma Papalina. Così come mai mi sarei aspettato di correre in mezzo ad un gregge di pecore proprio qui, nella città eterna. L’aver illustrato e condiviso questi splendidi sentieri con persone a cui tieni, poi, non ha prezzo.
Vado via da Roma appagato, arricchito dai suoi molteplici colori e dalle innumerevoli sfumature dei tanti bei posti visti o riscoperti, dei tramonti nei quali era facile perdersi e di quel Tevere "che andava lento lento" come Claudio Baglioni dice in una sua bellissima canzone.
Vado via con un velato sorriso, quel sorriso che però mi permette di dire, con assoluta fierezza,  ‘Arrivederci Roma’.




mercoledì 31 dicembre 2014

RUNNING IN THE SNOW

Giornata da film di Natale: 31 dicembre con la neve. A queste latitudini si può parlare di “prodigio”. In realtà già il giorno precedente avevo corso sotto una forte raffica di vento che portava appresso folate di spruzzi di neve, ma nulla in confronto a quanto trovato stamattina: una coltre davvero impressionante di neve!
Lo stimolo è troppo: l’ansia di provare finalmente a correre sulla neve mi fa svegliare presto, molto presto. Non tanto però da poter raggiungere gli amici delle 5:45. E fortunatamente, visto che intelligentemente hanno deciso, considerate le condizizoni meteo, di non uscire. Decido allora di tergiversare ancora un po’ in attesa di un fervido sole.
Ore 9:30. Via: si và.
Indosso le scarpe da trail, quelle utilizzate in Afghanistan. Appena calpestata la neve mista a ghiaccio, presente nei solchi creati dalle automobili transitate in precedenza, capisco di poter tenere una seduta d’allenamento vera, non una semplice passeggiata. Immediatamente mi ritrovo a compiere un viaggio, nel tempo e nello spazio, che comincia da Shindand (48° Celsius all’ombra) e finisce a Grottaglie (-1° Celsius): il viaggio che han fatto le mie Saucony da Trail.
Dopo qualche foto gentilmente scattata dal balcone, parto e raggiungo i luoghi abituali d’allenamento: Paparazio, Complanare, Zona 167 e Zona Stadio.
L’atmosfera è magicamente “diversa”.
La gente che incontro mi sembra tutta felice. Forse è lo stupore dovuto alla nevicata: uno scenario così candido e silente non si presenta spesso. Coglierlo con l’innocenza primordiale (lo stupore) è un lato dell’umanità che ancora rimane vivo. Potrei quasi asserire che spesso lo stupore o il vivere una situazione fuori dai normali canoni, avvicina i cuori.
Noto di non avere nessuna difficoltà nel correre sulla neve fresca o sul ghiaccio “pestato” dalle automobili: molte, invece, quelle incontrate sul ghiaccio teso e compatto. Mi concentro sul percorso e vado avanti.
La monotonia della visione dei posti molto familiari viene scacciata da un unico colore: il bianco.
La zona intorno allo stadio diventa quasi terreno inesplorato e accomodante: non si vedono infatti i tanti marciapiedi presenti sullo spartitraffico. Anche la salita lato piscina sembra essere più facile da affrontare. Sarà l’euforia della neve ma oggi affanno quasi zero, tanto quanto i gradi percepiti.
La "167" invece diventa terreno di gioco per i bambini e per i loro genitori: pupazzi di neve improvvisati, battaglie con le palle e risate gioiose riempiono i miei chilometri.
Scenario surreale quello della complanare: a parte i solchi delle macchine, l’asfalto è completamente coperto di neve fresca. Affronto la salita che la caratterizza con moderazione, quasi come fosse la prima volta.  La neve copre tutte le brutture della società civile: non si vedono infatti i soliti rifiuti organici e non post serata “fidanzateriale”. Almeno oggi non mi preoccuperò di fare lo slalom tra i profilattici.
Non incontro nessuno durante il mio alternare i passi. D’altronde chi è quel pazzo che con 15 cm di neve va a correre a parte me? La mia attenzione viene attratta dalla neve posata sugli ulivi. Sono tutti imbiancati nello stesso punto e con la stessa pendenza. Sembra un tocco di lacca colorata posta lì da qualche coiffeur alternativo.
Arrivo al giro di boa e torno indietro: mi accorgo di non essere più solo. Cioè: sono solo, ma sulla neve fresca intravedo delle orme. Capisco che sono di un runner precedentemente transitato da li. E lo capisco da un elemento inconfutabile: la distanza tra l’orma destra e quella sinistra è tale da ritenere che siano state fatte a passo di corsa. La “traccia” lasciata è indubbiamente quella di una scarpa tecnica: l’unica cosa certa che so è che non è un ASICS. Cerco di immaginare a chi possa appartenere. Guardando con maggiore attenzione mi accorgo che il “runner senza timore” ha il passo alla “10 e 10”. Mi arrendo nel cercare di dare un volto a quei passi, ma mi consola il fatto che io, oggi, non sia stato l’unico pazzo.
Un clacson suonato a lungo attira la mia attenzione: un camionista mi fotografa al volo e con un OK accennato mi saluta. Sarà stato un runner anche lui. Apprezzo e ricambio il gesto di saluto.
Sul cavalcavia di Paparazio mi colpiscono 3 cose invece.
La prima è che lo skyliner di Taranto (la città!) è privo di neve.
La seconda è che la neve poggiatasi sul guardrail ha creato delle specie di sciarpe penzolanti: uno spettacolo eccezionale.
L’ultima cosa che mi ha colpito, infine, è quel gran coglione (e scusate l’eufemismo per una volta) che a tutta velocità mi ha inondato di acqua e neve ormai sporca. Fortunatamente è stato l’unico: gli altri procedevano a passo lento.
Rientro a casa con 9km in più da aggiungere al mio diario annuale. Un allenamento ricco di tante emozioni e visioni che porterò dentro per sempre e che, piacevolmente, ho cercato di condividere anche in voi con il mio racconto.
Spero che questa neve sia il segnale che da tempo aspettavo per poter rinascere anche io: se si potesse, infatti, desidererei che un copioso manto di neve ricoprisse tutte le brutture di questo lungo anno appena trascorso, lasciando emergere solo quelle cose che mi hanno dato positività. Aiuterebbe, questo, ad affrontare il nuovo anno con maggiore determinazione e oculatezza.
Ma la neve si scioglierà e, purtroppo, i residui riemergeranno: spero che almeno siano un po’ più “freddi” di quel  tanto che consenta di non far "riaccendere" il mio dolore.
Buon anno a tutti, running friends, à bientôt mon ami

MF

martedì 22 luglio 2014

RUNNING ON THE COAST

In tanti anni non lo avevo mai fatto. No, davvero: correre sulla mia litoranea, non mia nel senso stretto della parola, era sempre stato un grande desiderio.
In questo posto sono cresciuto, dapprima a Montedarena, da bambino, quando a bordo della Fiat 128 color celeste smeraldo, interni in pelle rossa con il clacson in plastica dura recante al centro l'enorme scritta FIAT, facevo il viaggio dell'andata ricco di entusiasmo e quello di ritorno esausto su quel sedile che sembrava fatto d'asfalto.
Il passaggio dall'infanzia all'adolescenza invece è avvenuto un po' più avanti, alla Torretta, spiaggia quasi desolata non fosse per la presenza di alcune case, rigorosamente abusive costruite sulle dune a 2 metri dal mare. Le giornate passavano sotto gli ombrelloni cumulativi di amici di famiglia e parenti, al cui cospetto non mancavano mai teglie di parmigiana, pasta al forno, cotolette e quant'altro potesse costituire un pranzo leggero e fugace da consumare al mare. Pranzo ottimo, assolutamente, non fosse altro per gli effetti collaterali dovuti al countdown delle 3 ore necessarie a digerire per poter rientrare in acqua. Praticamente un calvario per me e per i miei genitori che dovevano armarsi di santa pazienza....... anche se ancora non ci credo che entrando in acqua prima del fatidico ok da parte loro si morisse per davvero: sarei dovuto morire tante volte allora.
Ma i ricordi più belli sono legati al periodo delle carovane in pullman, rigorosamente BonBon Bus, quando a farla da padrone era il testosterone. E proprio li tra lo Scoglio e le spiagge limitrofe che è sbocciato l'amore: potete chiederlo a mia moglie.
Senza trascurare le serate e le nottate in spiaggia quando il massimo dello sballo era bere dalle cannucce infilzate in un anguria aromatizzata alla vodka e cantare a squarciagola le canzoni strimpellate dal menestrello di turno. Non come certe scene che vedo oggi.
La maggiore età unita alla nuova disponibilità economica ha fatto si che sia in auto che in moto le trasferte estive al mare fossero qualitativamente superiori. Scenario del periodo: il Curvone, quello prima di lido Cisaniello. Lì, tra un'acrobatica discesa al mare ed un accentuato "Ascinne di la moto" pronunciato da un vecchio amico, sono passati gli anni più spensierati della mia vita.
Il nuovo assetto familiare ha condizionato molto la scelta del lido facendoci obbligatoriamente orientare su Lido Silvana, esattamente presso lo stabilimento balneare dell'AM, dove sono cresciuti sino all'anno scorso i miei due cuccioli: e qui di ricordi ce ne sarebbero tanti. Dico solo che ho iniziato portando il salvagente per i neonati, braccioli, secchiello e paletta compresi, e terminato con deck Yughi Oh e mazzi di carte UNO. Segni inequivocabile della crescita.
Il tutto sino all'anno scorso perché da quest'anno la scelta è ricaduta, in maniera naturale, di nuovo sulla spiaggia libera, al canale nei pressi del lido 748, giro di boa della mia prima corsa sulla litoranea, questa litoranea che, tirando le somme, tanto ha dato alla mia vita in termini di emozioni e di trascorsi.
E così, questo "viaggio" introspettivo, durato solo 11km, partito da lido Silvana, continuato per lido Checca, Torre Sgarrata, Jamaica, lido Torretta, Onda Blu, proseguendo per Bahia del Sol, la Spiaggetta, Blue Sun, l'Ultima Spiaggia, lido Cisaniello, il 748 e ritorno mi ha consentito di rivivere dei ricordi archiviati nei meandri della mia mente.
Erano posti li, come vecchi Long Play da collezione.
E la corsa mi ha consentito di rispolverarli, facendomi riascoltare quella musica graffiante ma originale, che rappresenta la colonna sonora della mia vita: la musica delle emozioni.
Perché, come asseriva Giorgio Faletti, "l'importante non è quello che trovi alla fine di una corsa: l'importante è quello che provi mentre corri."
Ed io, amici miei, lo "provai". :)

Mario Filazzola /¥\






giovedì 14 novembre 2013

AU REVOIR

"Cerchi riparo fraterno conforto
  tendi le braccia allo specchio
  ti muovi a stento e con sguardo severo
  biascichi un malinconico Modugno
  Di quei violini suonati dal vento
  l'ultimo bacio mia dolce bambina
  brucia sul viso come gocce di limone
  l'eroico coraggio di un feroce addio
  ma sono lacrime mentre piove"

Con queste parole ci siamo congedati da te Francesco: l'eroico coraggio di un feroce addio
ma sono lacrime mentre piove
. Non so se la scelta della canzone sia stata fatta dalla tua famiglia o dalla tua compagna o se sia stata fatta in piena autonomia dall'impresa funebre. So solo che quelle parole ci sono entrate dentro come quando si ingoiano spine celate nei tranci di pesce. Vanno giu graffiando tutto!
Tutti ci auspicavamo un finale diverso, lontano da questo triste epilogo. Tre mesi di sofferenza credo che nessuno possa immaginarli meglio di te e dei tuoi cari. Solo 4 mesi fa, mentre ero dall'altra parte del mondo, ti ammiravo sulle nostre bellissime spiagge in compagnia degli amici di sempre.
Non ci siamo mai frequentati al di fuori dei momenti legati al mondo della corsa, ma quel poco che ti ho vissuto è servito a suggellare in me la convinzione che la tua gentilezza, il tuo garbo, il tuo sorridere alla vita, la tua umiltà e l'immensa passione per questo sport non saranno mai dimenticati. Per dirla alla maniera del mio amico Marco: sei roba rara Francè. Ed aver potuto mescolare i miei passi con i tuoi è una cosa che mi inorgoglisce.
Voglio che il ricordo rimanga indelebile nel tempo attraverso questo post, ed è per questo che voglio rendere pubbliche le nostre conversazioni. Ti voglio bene grande campione.....

Au revoir Pigna: prima o poi rimescoleremo i nostri passi lassù.



21 ottobre 2012
Mario Filazzola
Francè, mi raccomando: dopo la foto con Baldini ci tengo ad avere anche quella con un grande campione come te.... Grazie

Francesco Pignatelli
Ahahaha mario grazie a te!!!...domani ti pubblico tutto!!!:)
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25 novembre 2012
Mario Filazzola
Frà, grazie per avermi spronato, ma ancora nn sono ai tuoi livelli.
Poi mi devi spiegare come si fà a distanza di una settimana da una maratona ad andare a quel ritmo. Sei un grande, anzi: un mito!

Francesco Pignatelli
marioooooo!!!! ma scherzi?!?!..guarda che andavi alla grande!!!..cmq per onore della verità..oggi stavo provando a tirare un pochino...e infatti...
non avevo 10km nelle gambe...e quel ritomo che onestamnte reggo bene oggi mi è pesato da morire...ora mi sento sfinito..
ho provato un po'..voelvo far girare un po' il fisico.. anche se è una cosa che non si fa...
praticamente tieni conto che quest'anno per preparare due maratone son riuscito a tirare veramente una 10km..e neanche al max..solo una volta a latiano...purtroppo per me una cosa esclude l'altra. O preparo la maratona o preparo un 10.000..cmq la prossima volta che ci vediamo - se vuoi - proviamo lo stesso ad andare insieme...

Mario Filazzola
grazie Frà

Francesco Pignatelli
è sempre un piacere!!
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11 maggio
Mario Filazzola
ciao Francesco
Te lo dico in privato... AFGHANISTAN (in risposta ad un post in bacheca su dove io fossi)
Qui l'asfalto e' un miraggio, si corre sui sassi...
ciao campione

Francesco Pignatelli
Accidenti mario...non sapevo nulla...mi raccomando!!! Quando torni?

Mario Filazzola
Termino la missione prima di ottobre
Quest'anno niente corse.. almeno in puglia

Francesco Pignatelli
dai dai....ti fara' bene...tornerai..rigenerato!! vedrai!
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18 giugno
Mario Filazzola
francesco scusa ma come si chiama la persona che hai messo come immagine del profilo? Mi sembra di conoscerla....

Francesco Pignatelli
Pasquale Casulli è un amico che non c'è più... Oggi è il compleanno
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27 agosto
Mario Filazzola

Francesco,
mentre ti scrivo sono a bordo di un C-130 dell'Aeronautica Militare che mi sta riportando in quell'angolo di mondo chiamato Afghanistan, molto piu simile all'inferno che ad un paese da aiutare. Per coprire il rumore delle eliche sto ascoltando un po' di musica, i Guns N' Roses per l'esattezza, che se non sbaglio piacciono molto anche a te avendo letto un tuo piacevole commento sulle qualità canore di Axl.
Torno dalla licenza passata ogni istante con i miei cuccioli che tanto mi aspettavano. Naturalmente ho corso anche tutti i giorni riassaporando quel gusto di correre tra gli uliveti ed i vigneti che tanto mi mancava e soprattutto correndo su qualcosa di lineare e piatto: l'asfalto.
Come ben sai durante quei momenti con te stesso il cervello elabora e frulla come nn mai.
Ed in quei momenti ho molto pensato a te.
Sentendo Stefania ho saputo del tuo momentaneo impedimento a mescolare i tuoi passi con i nostri. Non vorrei essere scontato ma la cosa che mi viene da dirti è che, per usare una parafrasi podistica, ci sono maratone che si corrono con le gambe, altre con la mente ed altre con il cuore. Quella che tu stai correndo adesso la devi correre con l'amore dei tuoi cari, l'affetto dei tuoi amici ed il calore di questa piccola ma grande tribù di runners che ti aspetta. Mena Francè mè ca scinò ci m'ha ncuraggià a me quann stoc a schatt!!!
Un abbraccio amico mio: sei un grande e lo dimostrerai anche in questa battaglia. A presto Frà.

Francesco Pignatelli

Mario!!! Non sai che piacere mi fanno le tue parole...ce la metteró tutta e spero di tornare quanto prima a correre con voi!!
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12 ottobre
Mario Filazzola

Ho trovato questa foto risalente alla gara di Latiano dell'anno scorso. Mi ricordo che mentre io, entusiasta, ti raccontavo del bellissimo risultato ottenuto (la mia prima volta sotto i 4') questo vecchietto si avvicinò e ci chiese non sò cosa in dialetto suscitando in noi curiosità e allegria.
Con la speranza che io sia riuscito a strapparti un sorriso, voglio darti un abbraccio sincero, anche se virtuale, nell'attesa di vederti al più presto.


....purtroppo non ho avuto mai risposta.....


 

venerdì 24 maggio 2013

SHONNA BA SHONNA ][SHOULDER TO SHOULDER

Un altra nottata è passata. Il rumore dei rotori hanno accompagnato il mio intero sonno: qui l’attività di volo non si ferma mai. “Son le 5:00 del mattino, l’angoscia ed un pò di vino….” cantava Ligabue. Qui il vino è un miraggio; l’angoscia bisogna cancellarla dal proprio dizionario, sennò sarebbe molto inflazionata come parola. La tenda è buia: c'è gente che dorme. Mi alzo cercando di fare quanto meno rumore possible. Ho preparato lo zainetto con all’interno la colazione, il completino, le scarpe ed un asciugamano. Il Garmin passa dal comodino al polso in un battibaleno. L’aria mattutina, anche se fresca e rarefatta, è pregna di quell’odore di bruciato: qui l’inceneritore lavora h24 e non è di quelli a norma.
Calpesto i primi ciotoli della giornata: saranno milioni quelli calpestati sino a stasera. In torretta c’e’ una guardia: sicuramente non avrà avuto un bel pensiero nel vedermi. Fosse stato lui a posto mio  sarebbe rimasto a letto, ma io ho una gara. Si una gara di soli 5km ma che, vi assicuro, valgono 10.
Fatta una fugace colazione mi reco verso i bagni, che sono distanti un centinaio di metri dalla tenda dove dormo. Incontro il mio amico Franco che mi “scorterà” volontariamente all’appuntamento nel luogo previsto, distante  qualche km. Lui è sempre sorridente, a qualsiasi ora del giorno. Spesso mi chiedo come faccia ad esserlo. Non mi aspetto da me stesso una risposta, tanto meno che da lui, ma di una cosa sono certo: è bello incontrarlo durante il giorno. Mi aiuta ad “abbellire” la giornata.
Mi lavo e mi preparo: sono pronto. Partiamo e durante il viaggio, non sò perchè, mi viene di cantare una canzone: "4 marzo 1943" di Lucio Dalla. Franco coglie al volo la sfumatura e comincia a canticchiarla insieme a me. A queste latitudini anche queste piccolo cose ti riempiono il cuore.
Arriviamo al rendezvous. Gli amici americani sono già pronti. Tutto è organizzato. Guardo l’orologio: sono ancora le 6.00 del mattino. Mi domando da che ora stiano qui.
Di solito ad una gara devi capire a chi rivolgerti, dove si conferma l’iscrizione, insomma: chiedere informazioni. Bene: farlo in inglese, anzi in Americano, rende le cose molto piu’ complesse. Riesco a barcamenarmi ed ottenute le informazioni che cercavo parto per il riscaldamento.
Guardo i ragazzi americani corricchiare anche loro. Corrono tutti con la maglietta dell’evento, una t-shirt di cotone stampata, rigorosamente nei pantaloncini. Ecco: questa è una cosa obbligatoria per loro. Non esiste che corrano con la maglia da fuori, o con i corsari, pantaloncini stracorti, con maglie aderenti o addirittura diverse da quelle che ricevono per l’evento. Hanno queste regole e vogliono che anche gli altri le rispettino. Naturalmente io, da buon militare, “allineato e coperto”.
Siamo sullo start: five, four, three, two, one.... go!
Mi posiziono subito in terza posizione. I due davanti li conosco già: li faccio andare. Sento il rumore dei passi dietro di me: non mi volto a guardare. Dopo un kilometro un americano mi supera e mi distanzia. Guardo il Garmin: 3'52''. Nonostante l'affronto decido di rallentare e mi posiziono sui 4'00'': a breve termine, sono sicuro, lo riprenderò. Infatti, ai 2400 mt lo sorpasso: non mi supererà più.
L'aria sembra mancare: la polvere in gola rende difficoltosa la già impegnativa respirazione.
La cosa che più mi manca sono i punti di riferimento: qui l'unico anello esistente simile ad una pista, è lungo 1 miglio. Fare i calcoli, con il poco ossigeno rimasto in circolo, è davvero impensabile. Fortunatamente il Garmin mi viene in soccorso.
Guardo i primi arrivare: sono terzo e, soprattutto, solo. Mi godo l'arrivo prendendomi tutti gli applausi dei presenti, compreso il mio amico Franco che continua a scattare foto.
Penso ai miei amici in Italia, a quanto vorrei poter condividere subito con loro questa mia gioia. Ma non posso: li sono ancora le 4e30 del mattino.
Ritiro il premio consistente in un pupazzetto caruccio ed un buono da 25$.
Soddisfatto ringrazio tutti e rientro al campo: una nuova giornata lavorativa mi aspetta.
Shonna Ba Shonna: spalla a spalla. E' quello che qui noi facciamo: accompagnare l'emergente popolo afghano nel migliorare la propria condizione professionale militare. Spalla a spalla, proprio come il viaggio che ho fatto e faccio tutt'oggi con voi amici runners: come ben sapete nessuno luogo è lontano perchè non c’è bisogno di essere di fronte per essere vicini. Solo quando non si è vicini nei pensieri allora si è veramente lontani. Buona vita my friends!



giovedì 20 dicembre 2012

SIX STRING

La chitarra è lo strumento che di gran lunga preferisco. Ho cercato di imparare a suonarla, ma a parte le 2 o 3 lezioni prese, è sempre stato uno strimpellare ad orecchio o un pizzicare le corde guardando quei libroni pieni di canzoni con gli accordi di base spalmati sugli spartiti con le parole suddivise dal trattino, che, manco a dirlo, creavano quell’effetto di “saltellamento” che aggiustava tutto, anche gli accordi eventualmente omessi.
Ricordo che la prima cosa che imparai fu accordare la chitarra, o almeno provare a farlo. Il diapason mi sembrava una bacchetta magica, e l’ampiezza del La+ era l’unica mia ragione di vita.
Accordare le sei corde della chitarra non è semplice, è macchinoso e soprattutto soggettivo: dipende dall’orecchio che ognuno ha.
Accordare sei patiti per la corsa e pizzicarli per far si che le note suonate non “saltellino” è stato sicuramente più semplice. Complice Carlo, con il suo “dannatissimo” amato brand, la spedizione per la Pisa HalfMarathon è stata portata a termine con estrema soddisfazione.
In realtà la chitarra podistica ne aveva otto di corde, come le migliori delle Ibanez, ma ahimè due se ne sono “rotte” J. E così siamo passati ad una Fender, graffiante, compatta, rigorosamente bianca e nera, come le nostre canotte.
La reunion è avvenuta la sera del 15 dicembre nella via più bella e commerciale di Pisa, affollata di gente intenta a comprare i regali per Natale. L’atmosfera magica delle luci colorate ha reso l’incontro ancor più caldo: i quattro “grottagliesi”, reduci da un pranzo luculliano gentilmente “scroccato”, si sono incontrati con l’oriundo “monteiasino” giunto lì dalla vicina Livorno, e con la eurasiatica Alessia, appena sbarcata dal volo intercontinentale.
Naturalmente cos’è che accomuna più di tutto noi italiani? Ma il cibo naturalmente.
Una splendida location fronte torre pendente per una pizza ed una birra indimenticabili, cecina compresa. Si parla di esperienze inerenti la corsa, delle migliorie che l’ultima scarpa ha portato, dei tempi, dei modi di correre…. Insomma, non c’è tensione per la gara del giorno dopo. C’è solo la voglia di partecipare insieme ad un evento bello e gratificante come correre la mezzamaratona in una bella città come Pisa.
Al mattino siamo pronti: a parte le mie “mezze maniche” ed il “plastic-jacket” del keniota, tutto è nella norma. Il tempo è ok, la temperatura apprezzabile.
Decido di correre a ritmo lento, complice anche l’intensa preparazione per la Roma Marathon, per potermi godere di più lo scenario e poter scattare qualche foto ai ragazzi. Anzi quasi a tutti i ragazzi: Barty parte alla grande, ed il suo tempo finale gli da ragione. Anthony lo becco all’inizio ma poi spinto dalla voglia di arrivarmi davanti, parte a razzo e nn ci aspetta più.
Rimango a stretto contatto con Alessia e Rita. Provo ad attendere Carlo ma dopo 2 minuti abbondanti fermo ad aspettarlo decido che forse è meglio tornare dalle ragazze. Comincio una lunga ripetuta da 2 km a 3’45’’ e, nonostante la stretta corsia, riesco a raggiungerle.
Passiamo la zona ibrida tra macchine in moto e case per entrare finalmente in una zona tranquilla ed alberata. Saranno state le lunghe camminate della sera prima o la ripetuta fatta, comincio ad avere un bruciore sotto la pianta del piede. Mi spaventa il fatto che possa essere un inizio di fascite plantare: la preparazione per Roma è ancora all’inizio. Continuo a “passo di corsa”, come dice il mio amico Haruki, cercando di non pensarci. Entriamo dentro Pisa: la vista dei km 37 – 38 e così via mi mette contemporaneamente vigore e panico. Vigore perché provo ad immaginare di essere li al 37° nello stato di forma corrispondente al mio 16°. Panico perché tra poco meno di due mesi toccherà davvero percorrere queste distanze. E sarà dura.
Ad un ristoro vedo del panettone e lo prendo, sempre al volo: capisco solo dopo che era per i maratoneti. La “dolce” signora, conseguentemente al mio gesto, mi apostrofa in un pisano puro le seguenti parole: “Tettu quelle mani te ce li possa fi’’are nel culoooo, maremma”. Ed io che il toscano lo capisco molto bene le rispondo gridando, essendo un po’ più avanti, “Mi scusi dolce signora”. Me la rido e per poco non mi affogo con quel panettone: sarà stata la makumba auguratami dalla loquace vecchina?
Siamo nel centro città. Ad un solo km dall’arrivo decido di staccarmi dal gruppo per posizionarmi sulla finish line e scattare qualche foto. Appena oltrepassata la linea mi mettono al collo la medaglia: non so perché ma mi sento come se non me la fossi “guadagnata”. Mah.
Fatte le foto, ritiro lo zainetto e rivestitomi aspetto l’arrivo dei maratoneti. Il primo che arriva, chiude la maratona in sole 2h19’ e spiccioli…. Mi impressiona la velocità con cui arriva al traguardo: sembro io nelle ripetute da 200mt. Ma lui ne ha fatti 42195 mt: e sembra sereno!!!!
Il secondo è, con immenso piacere, un italiano. Non lo conosco ma gli grido addosso tutta la mia stima.
Da li in poi arriveranno alla spicciolata tutti. Decido che è meglio farsi una doccia bollente.
Il pranzo a seguire è stato ragguardevole: fiumi di birra e specialità toscane. Il tutto in ottima compagnia naturalmente.
E' il momento dei saluti. C'è in noi la consapevolezza di aver vissuto un momento magico, ognuno per le proprie ragioni.
E come un corpo investito dalla luce di una candela, che alterna zone di chiaro scuro a seconda dello sventolio della fiamma, così il nostro congedo da Pisa è stato dolce e profondo.
E' cresciuta in noi la consapevolezza di essere un gruppo unito, una six string (una chitarra sei corde) che, suonata da un ipotetico musicista chiamato "Passione", ha vibrato all'unisono, diffondendo nell'animo vibrazioni toccanti ed indimenticabili.
Grazie ragazzi. Vi voglio bene.




 


 

 

 

mercoledì 21 novembre 2012

TO RACE AFTER SOMEBODY

Bellissima giornata di Novembre. A queste latitudini, nonostante i panettoni siano già presenti nei supermercati ed i negozi abbiano abbellito l'ingresso del loro uscio con le luci natalizie, l'estate non è ancora finita. Consequenzialmente l'inverno tarda ad arrivare.
La Salento HalfMarathon è una gara della quale ho sempre sentito parlarne bene, ma la troppa vicinanza tra gli eventi aveva fatto si che l'anno scorso scegliessi Corigliano per la 1/2 a "ritmo gara" e non Collepasso, bellissima cittadina dove si svolge la competizione che stò per raccontarvi.
Durante quella fase antecedente il riscaldamento, che consiste nel cambiarsi e attaccarsi "il numero" alla canotta sociale, partecipo ad uno dei miei compagni di avventura che non ho idea di come impostare la gara. Sono indeciso tra correre, cercando di abbassare il mio personale sulla mezza,  o accompagnare qualcuno che, essendo all'esordio sulla distanza, necessita del giusto incoraggiamento. Sino all'ultimo non sò: mi reco alla partenza e decido che sarà la "strada" ad indirizzarmi. Trovo subito tanti cari amici podisti, tra cui alcuni che reputo top runner. L'atmosfera della partenza mi inebria: la musica, la gente, la location, gli sguardi fugaci. Tutto contribuisce a darmi la giusta energia e a prendere la decisione che, a fine gara, risulterà essere stata saggia.
Parto con la necessaria grinta e, correndo al fianco dei miei neo compagni di avventura, imposto i primi chilometri su un pace aggressivo: 4'00'' al km, giusto per staccare la massa. Reagisco bene, la respirazione continua ad essere costante e rilassata anche dopo il 2° km. Davanti ho la possibilità di vedere i 3 gruppi che si sono delineati: la testa della gara, il gruppo a seguire capitanato dalla prima donna  (abbastanza numeroso) ed  il gruppo che ci precede, composto anche esso da una donna e diversi podisti dal fisico "runbody".
Tra una chiacchiera e l'altra arriviamo al 3° km: 12'09''. Non  mi lascio impressionare e, sarà per l'euforia, sarà per la compagnia, comincio a cantare "Sweet Home Alabama". I miei più esperti amici mi consigliano di risparmiare il fiato per la gara. Per contro decido da quel momento di procedere al ritmo a me più congeniale, con l'intenzione non di abbandonarli, ma di ritrovarli più avanti. Decido inoltre di non guardare più l'orologio: sarà una gara a sensazione. E di sensazioni, in realtà, ne ho avute tante.
Comincio con il sentire i miei passi stare all'unisono con il mio respiro: una combinazione perfetta. I metri passano in fretta in questo stato catartico.
Arrivo all'uscita della strada nell'uliveto e li, dopo una curva a gomito, comincia lo spettacolo.
Vedo il gruppo capitanato dalla "ragazza bionda" avvicinarsi copiosamente al gruppo della "ragazza mora". Come in una strategia già collaudata, gli accompagnatori della "bionda" rallentano, consentendo alla stessa di affiancare la "mora", anche essa staccata dal resto del suo gruppo.
Come in tanti di quei documentari dove si combatte per il territorio, senza ferirsi o schernirsi, le due protagoniste hanno condotto per un pezzo, fianco a fianco e senza guardarsi, lo stesso tratto in salita sino a che la "mora" con un guizzo d'orgoglio, è riuscita a trovare il giusto ritmo per riprendere la testa della corsa.
Estasiato da tale scena, decido di continuare il mio cammino a passo spedito: capisco che ho bisogno di seguire qualcuno per trovare le giuste motivazioni.
Raggiungo facilmente la bionda, la supero e mi metto all'inseguimento della mora, grandissima top runner locale.
Riesco a superarla prima del passaggio nel centro del paese: ciò comporterà che sentirò invocare il suo nome per tutto il tratto in conteporaneaneamente al mio passaggio. La cosa, non sò in quale angusta maniera, mi intriga ancor di più.
Cerco un nuovo stimolo: la casacca del gruppo cui appartiene il mio amico Marco, è distante, ma non inarrivabile. Mi concentro e al 16° km sorpasso il mio "obiettivo" salvo vedere che il mio amico Marco non'è: lui è un pò più avanti, a vista.
Ecco un altro cui correre dietro: Marco, quello vero.
Lo raggiungo al 19° km e di lui mi colpisce una cosa: sanguina dal polpaccio. Con ritmi sotto i 4'00'' mi faccio forza nel decidere di parlargli: gli comunico del sangue e lui, di contro, mi fa i complimenti chiedendomi se mi rendessi conto a quanto stavamo viaggiando. Gli rispondo che ho deciso di non guardare l'orologio, di andare a sensazione. Lui annuisce, ridendo, comunicandomi un falso pace a 5'30''. Gli accenno un sorriso e riparto per la mia strada.
Riprende l'alternanza con un runner che da chilometri ormai mi passa e si lascia passare. In quel momento decido che a correre dietro qualcuno, sino all'arrivo sarà lui.
Ci siamo, curvone finale con pallone dell'arrivo a vista. Sopra ad esso il display segna: 1h25'48''.
Non ci credo: sono io? Mi illumino d'immenso e corro gli ultimi metri ripetendo l'unica parola monosillaba che mi veniva in mente: NO....NO....NO....NO!!!!!
All'arrivo sono felice come un bambino: 5'30'' in meno dell'ultima mezza di Pignola: un abisso.
Porterò nel cuore questa esperienza, non fosse altro che per il risultato ottenuto.
Infine, le manifestazioni d'affetto di tutti coloro che hanno voluto condividere con me la gioia per l'ottimo piazzamento, non hanno prezzo: mi hanno riempito il cuore.
In fondo cosa ho fatto: HO SOLO CORSO DIETRO QUALCUNO..........  :)