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mercoledì 31 dicembre 2014

RUNNING IN THE SNOW

Giornata da film di Natale: 31 dicembre con la neve. A queste latitudini si può parlare di “prodigio”. In realtà già il giorno precedente avevo corso sotto una forte raffica di vento che portava appresso folate di spruzzi di neve, ma nulla in confronto a quanto trovato stamattina: una coltre davvero impressionante di neve!
Lo stimolo è troppo: l’ansia di provare finalmente a correre sulla neve mi fa svegliare presto, molto presto. Non tanto però da poter raggiungere gli amici delle 5:45. E fortunatamente, visto che intelligentemente hanno deciso, considerate le condizizoni meteo, di non uscire. Decido allora di tergiversare ancora un po’ in attesa di un fervido sole.
Ore 9:30. Via: si và.
Indosso le scarpe da trail, quelle utilizzate in Afghanistan. Appena calpestata la neve mista a ghiaccio, presente nei solchi creati dalle automobili transitate in precedenza, capisco di poter tenere una seduta d’allenamento vera, non una semplice passeggiata. Immediatamente mi ritrovo a compiere un viaggio, nel tempo e nello spazio, che comincia da Shindand (48° Celsius all’ombra) e finisce a Grottaglie (-1° Celsius): il viaggio che han fatto le mie Saucony da Trail.
Dopo qualche foto gentilmente scattata dal balcone, parto e raggiungo i luoghi abituali d’allenamento: Paparazio, Complanare, Zona 167 e Zona Stadio.
L’atmosfera è magicamente “diversa”.
La gente che incontro mi sembra tutta felice. Forse è lo stupore dovuto alla nevicata: uno scenario così candido e silente non si presenta spesso. Coglierlo con l’innocenza primordiale (lo stupore) è un lato dell’umanità che ancora rimane vivo. Potrei quasi asserire che spesso lo stupore o il vivere una situazione fuori dai normali canoni, avvicina i cuori.
Noto di non avere nessuna difficoltà nel correre sulla neve fresca o sul ghiaccio “pestato” dalle automobili: molte, invece, quelle incontrate sul ghiaccio teso e compatto. Mi concentro sul percorso e vado avanti.
La monotonia della visione dei posti molto familiari viene scacciata da un unico colore: il bianco.
La zona intorno allo stadio diventa quasi terreno inesplorato e accomodante: non si vedono infatti i tanti marciapiedi presenti sullo spartitraffico. Anche la salita lato piscina sembra essere più facile da affrontare. Sarà l’euforia della neve ma oggi affanno quasi zero, tanto quanto i gradi percepiti.
La "167" invece diventa terreno di gioco per i bambini e per i loro genitori: pupazzi di neve improvvisati, battaglie con le palle e risate gioiose riempiono i miei chilometri.
Scenario surreale quello della complanare: a parte i solchi delle macchine, l’asfalto è completamente coperto di neve fresca. Affronto la salita che la caratterizza con moderazione, quasi come fosse la prima volta.  La neve copre tutte le brutture della società civile: non si vedono infatti i soliti rifiuti organici e non post serata “fidanzateriale”. Almeno oggi non mi preoccuperò di fare lo slalom tra i profilattici.
Non incontro nessuno durante il mio alternare i passi. D’altronde chi è quel pazzo che con 15 cm di neve va a correre a parte me? La mia attenzione viene attratta dalla neve posata sugli ulivi. Sono tutti imbiancati nello stesso punto e con la stessa pendenza. Sembra un tocco di lacca colorata posta lì da qualche coiffeur alternativo.
Arrivo al giro di boa e torno indietro: mi accorgo di non essere più solo. Cioè: sono solo, ma sulla neve fresca intravedo delle orme. Capisco che sono di un runner precedentemente transitato da li. E lo capisco da un elemento inconfutabile: la distanza tra l’orma destra e quella sinistra è tale da ritenere che siano state fatte a passo di corsa. La “traccia” lasciata è indubbiamente quella di una scarpa tecnica: l’unica cosa certa che so è che non è un ASICS. Cerco di immaginare a chi possa appartenere. Guardando con maggiore attenzione mi accorgo che il “runner senza timore” ha il passo alla “10 e 10”. Mi arrendo nel cercare di dare un volto a quei passi, ma mi consola il fatto che io, oggi, non sia stato l’unico pazzo.
Un clacson suonato a lungo attira la mia attenzione: un camionista mi fotografa al volo e con un OK accennato mi saluta. Sarà stato un runner anche lui. Apprezzo e ricambio il gesto di saluto.
Sul cavalcavia di Paparazio mi colpiscono 3 cose invece.
La prima è che lo skyliner di Taranto (la città!) è privo di neve.
La seconda è che la neve poggiatasi sul guardrail ha creato delle specie di sciarpe penzolanti: uno spettacolo eccezionale.
L’ultima cosa che mi ha colpito, infine, è quel gran coglione (e scusate l’eufemismo per una volta) che a tutta velocità mi ha inondato di acqua e neve ormai sporca. Fortunatamente è stato l’unico: gli altri procedevano a passo lento.
Rientro a casa con 9km in più da aggiungere al mio diario annuale. Un allenamento ricco di tante emozioni e visioni che porterò dentro per sempre e che, piacevolmente, ho cercato di condividere anche in voi con il mio racconto.
Spero che questa neve sia il segnale che da tempo aspettavo per poter rinascere anche io: se si potesse, infatti, desidererei che un copioso manto di neve ricoprisse tutte le brutture di questo lungo anno appena trascorso, lasciando emergere solo quelle cose che mi hanno dato positività. Aiuterebbe, questo, ad affrontare il nuovo anno con maggiore determinazione e oculatezza.
Ma la neve si scioglierà e, purtroppo, i residui riemergeranno: spero che almeno siano un po’ più “freddi” di quel  tanto che consenta di non far "riaccendere" il mio dolore.
Buon anno a tutti, running friends, à bientôt mon ami

MF

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