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giovedì 24 maggio 2012

THE ONSET..... Part three (3)

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Le emozioni legate a questo evento sono talmente grandi e tante che ho deciso di suddividere il post in più parti.
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Se esiste il limbo, credo di averlo percorso. I chilometri tra il 37° ed il 39° sono quelli che mi han fatto credere di stare attraversando il purgatorio per arrivare, almeno con la speranza, nel paradiso. Tanta gente ferma, intenta al massimo a camminare, suscita in me una sensazione composta da un misto di orgoglio, consapevolezza della buona tenuta di gara avuta sino ad allora, il tutto unito ad un pizzico di fortuna. E la sensazione aumenta quando, oltre alle tante persone ferme, sorpasso atleti molto più prestanti di me all'apparenza che corrono come se avessero le ginocchia legate l'un l'altro: apprendo in quell'istante a cosa possono portare i crampi. Nel prosieguo della corsa, mi permette di scrutare, con il massimo rispetto dovuto, gli occhi di queste persone: anche se non ci crederete, ho intravisto quel fuoco che li spingeva a continuare, ad avanzare nonostante tutto.
Inizia un ennesimo, l'ultimo fortunatamente, sottopasso stradale: non sento più niente. Le articolazioni delle gambe cominciano a far tremendamente male. Corro su due strade contemporaneamente: quella sotto i miei piedi con i passi reali, e quella nella mia testa con il ritmo che, non trovando più l'esatta collocazione, spinge a mollare. La salita inizia: mi rendo conto di aver attraversato il 40°, ma non ricordo di averlo visto.
Risalgo gridandomi addosso: "Dai Mario: ti sei preparato 4 mesi, hai affrontato un viaggio così importante, hai speso tanti soldi per arrivare sin qui. Dai Mario, mancano solo 2 chilometri, e che sono! Dai Mario: i tuoi amici hanno fiducia in te! Dai papà...." e quando ho pronunciato papà, sempre ad alta voce infischiandomene altamente degli eventuali commenti altrui, ho pensato ai miei due cucciolotti. Andrea, nonostante abbia quasi 5 anni, mi ha scritto e consegnato un biglietto prima della partenza che recitava più o meno così: "Papà corri e vinci per noi campione forte auguri papà a tutti Vincenzo, mamma e papà". Vincenzo invece, il mio piccolo genio che è alla 2^ elementare, con piglio "più maturo", mi aveva augurato semplicemente di vincere e di portargli la medaglia.
Nei meandri della mia mente, questi ricordi hanno scaturito in me una forza tale da sopperire ad ogni altra sensazione fisica. Nel frattempo sono al 41°. La gente ai lati della strada è aumentata copiosamente. Cerco nei bambini presenti dietro le transenne i volti dei miei figli. Li intravedo e grido: "Vincy, Andrew, eccolo papà. Stà arrivando. Gridate, gridate!".
All'ultima curva, prima del rettilineo finale, mi colpisce una frase che, da allora, è diventato il leit motiv della mia vita: "Pain is for the moment. Glory is forever".
Cerco nella gente lo sguardo di mia moglie che sò essere presente all'arrivo: niente. Non la vedo.
Ma vedo il pallone dell'arrivo. Eccomi: è finita. Non ci credo: è finita.
Colto da una rinata gioia, mi accorgo che a sinistra stà per superarmi una signora un pò più avanti negli anni rispetto a me. Ingenuamentea lzo la falcata ed aumento il passo. 1,2,3,4,5 passi e crack! Un crampo al mio storico gemello del polpaccio destro. La giusta ricompensa per un gesto da gradasso! Per la cronaca: la signora mi ha superato lo stesso, risultando poi essere la seconda nella sua categoria. Una campionessa per intenderci.
Eccolo: l'arrivo. La prima cosa che faccio dopo aver "schiacciato l'orologio" è piangere. Un pianto di liberazione, un pianto di soddisfazione, il pianto del riscatto, da tutto, da tutti e soprattutto da me stesso.
Piango con la medaglia al collo. Vedo mia moglie. L'abbraccio e piango ancora.
In quel momento mi sono passate nella mente tante cose, tanti pensieri ed i tanti sacrifici fatti per arrivare sin li.
Mi vesto, ho freddo.
Alle mie spalle, mentre con un passo da partoriente mi congedo dalla piazza più bella di Praga, lascio le mie lacrime, i miei tabù, i miei limiti.
Ora sono un MARATONETA. La mia vita, da adesso, è cambiata.



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« Quando correre diventerà una routine,  quando la passione lascerà il posto alla fatica, allora quello sarà il momento di smettere!»

mercoledì 23 maggio 2012

THE ONSET..... Part Two (2)

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Le emozioni legate a questo evento sono talmente grandi e tante che ho deciso di suddividere il post in più parti.
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Fermamente intenzionato a non permettere a niente e a nessuno di interrompere il coronamento di un lavoro durato quattro mesi, continuo il mio altalenar dei passi con l'obiettivo di raggiungere la mezza nel tempo da me augurato. Ci siamo quasi: sono in ritardo di 1'20''. Ci può stare.
Nell'ammirare le schiere di ragazzi che partecipavano alla staffetta, festosi e festanti in attesa del testimone, si ritorna indientro risalendo il fiume verso nord. In questo frangente mi colpiscono le voci dei maratoneti come me che da un lato all'altro dello spartitraffico si chiamano, attirando l'attenzioni con frasi semplici e dirette. Sento "Garçon", e mi accorgo che mi precedono dei francesi. Poi "Niños", e capisco che sono io a precedere sta volta un gruppo di spagnoli. Poi d'emblée le mie orecchie odono "Mò uagliò"! Beh: capisco di non essere l'unico pugliese nel gruppo. E scatta la risata. Purtroppo il mio "conterraneo" si dimostra ostile nei miei confronti, tanto da dissuadermi ad iniziare un sano confronto costruttivo. Lo ignoro e via.
24°. Mi ricordo il gruppo di testa che ho incrociato prima. Mi chiedo: avranno già finito loro? Probabile....
Fattò stà che sino al 30° non ricordo niente. Ricordo solo di essere passato in una specie di galleria nella roccia: che freddo ragazzi. Comincio ad ingurgitare l'unico integratore in gel che mi ero portato. Decido di dividerlo in 3 assunzioni. Arrivo al 30° e mi accorgo che il tempo del mio Garmin comincia a non essere affidabile: decido di procedere a sensazione. Al 31°, sul ponte, vedo una casacca a me familiare: è quella del mio amico alberobellese incontrato alla partenza. Soffre un pò ma non molla. Il resto del gruppo è più avanti.
Al 33° mi rendo conto che sono su quel tratto che inizialmente avevo capito che avrei dovuto ripercorrere. E' dura, ma ormai mancano solo 9 km al traguardo. Focalizzo i precedenti step percorsi: c'è molta meno gente di prima e più "selezionata". Tra questi incontro e sorpasso 2 atleti di Lauria (PZ). Attirando la loro attenzione, li incito a non mollare. Mi rendo conto subito che stò meglio di tanti altri. Mi sento chiamare "Mario": è un italiano con maglietta Terramia. Molisano ma Varesotto di adozione mi chiede se sia possibile poter arrivare insieme. Gli spiego che mi farebbe piacere, ma che essendo la mia prima maratona non offro garanzie di affidabilità. Lui aumenta per poi fermarsi. Lo supero. Mi raggiunge nuovamente e lì gli riferisco le raccomandazioni che i miei amici più esperti mi hanno fatto. tra questa, la più importante. è stata: NON FERMARTI MAI!. Lui annuisce, accusa e si ferma nuovamente. Decido di proseguire senza neanche salutarlo: spero non mi porti rancore.


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« Pain is for the moment. Glory is forever. »

THE ONSET..... Part One (1)

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Le emozioni legate a questo evento sono talmente grandi e tante che ho deciso di suddividere il post in più  parti.
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Data: 13 maggio 2012.
Ora: 09.00 Zulu
Coordinate: 50°04′00″N 14°25′00″E.
Temperatura: 5° Celsius.
Condimeteo: sereno.
Vento: 12-17 Nodi
Sono qui, a Praga.
Una delle maratone più belle d'Europa stà per iniziare. Il clima della gara è diverso da quelle cui sono abituato. Tutto è disciplinato, tutto organizzato, tutto è preciso.
Che bello: e mi illumino d'immenso.
Mi cambio e raggiungo il mio gate d'accesso (E). Con somma sorpresa, in mezzo ai 9000 partecipanti, mi incontro con i 4 podisti pugliesi, alberobellesi, conosciuti sul volo di andata. Mi sento meno solo.
Nella fredda mattinata scorgo bandiere di ogni nazione e colgo frasi in lingue a me non note: è una maratona prettamente internazionale. Mi trovo nei pressi dei bagni chimici. Una capatina mi tocca. anche qui mi colpisce la fila disciplinata, nonostante l'enorme afflusso. Cominciano a volare i palloncini: una musica si ode in lontananza. Siam partiti.
A passo lento mi incammino verso la partenza. Alzo lo sguardo e su un balcone vedo una signora anziana che con il bianco della sua età mi guarda e sorride. Mi ricorda la mia adorata nonna paterna. Rispondo con reverenziale affetto e con un bacio accennato mi congedo da lei.
La marea di gente mi "spinge" nei pressi della partenza. cerco con gli occhi mia moglie, posizionata li da qualche parte con l'obiettivo pronto a cogliere l'attimo. Inutile: la folla avrà inghiottito anche lei. Ci siamo, sento il bip del mio chip ed in automatico "schiaccio l'orologio", come dice un mio amico. L'avventura ha inizio.
Si attraversa la Moldava: per tanti versi mi ricordo Roma. Al raggiungimento della strada sul lato opposto, si erge una collina "AVATARIANA": un verde ricolmo di tanti colori sgargianti, i colori dei podisti fermatisi su di essa per espletare quei "veloci" bisogni fisiologici. Mio malgrado mi associo, divenendo anch'io uno di quei tantissimi puntini in movimento.
A seguire, tra il 3° ed il 4°, si ripassa sull'altra "riva" attraverso il Ponte Carlo. Inutile descrivervi lo scenario.
Si sale a Nord est della città, sul percorso tutto articolato lungo il fiume. I ristori ed i punti di spugnaggio con acqua situati ogni 2,5 km scandiscono il ritmo dei miei passi. Sino al 10° 5'00'' netti. Il tracciato è semplice ma insidioso: diversi "San Pietrosky" sollevati (sono i parenti cechi dei nostri ben più noti sampietrini), cordoli a protezione delle rotaie dei tram e segnalatori catarifrangenti pre fermate autobus. E proprio su uno di questi che un atleta alla mia sinistra è inciampato, cadendo e sbattendo dapprima le ginocchia e poi il volto. Mi ha colpito molto il fatto che al mio "Are you ok?" mi abbia risposto, prima di alzarsi e continuare nonostante il sangue gli ricoprisse il volto, "Yes, Yes. Go". Scosso da questo evento, da li in poi i miei occhi sono rimasti fissati quasi sempre per terra.
Agli angoli delle strade diverse band suonavano motivi a volte ignoti, a volte conosciuti: è un buon metodo per accompagnare le fatiche di una maratona. Questo tratto è in continua leggera salita con attraversamenti di sottopossaggi stradali. I cartelli con su scritto 37° - 38° e così via mi fanno capire che dovrò riaffrontare questo pezzo di tracciato nuovamente nella fase più importante della gara: il finale.
Si riattraversa il centro. Un fiume di gente ci accoglie festosa. Credo che l'entusiasmo derivi anche dal fatto che muovendosi ci si riscalda. Fà freddo. L'errore fatto all'8° di bagnarmi le mani con la spugna ha fatto si che la mia mano destra, infreddolita, fosse soventemente percorsa da quella sensazione di addormentamento che mal si prestava alla circostanza. Sciogliendo le dita e mettendo la mano sotto la maglietta, riesco a tamponare il problema.
Al 16° scopro che c'è qualcuno che ha già fatto il giro di boa: loro sono al 24° e nn è il gruppo di testa. Quello è già passato da lì 8 minuti prima. Io viaggio intorno ai 5'00'', gli atleti che alla mia destra vengono in senso contrario vanno a 3'20''. Ancora lucido, nonostante sia esterefatto, gli porgo il mio applauso.
Mi godo la musica. Sono al 17°. "Three little birds" di Bob Marley continua a riecheggiare nei meandri del mio io. Sono talmente assorto che non mi accorgo provenire dalla mia destra un yipo mezzo punk post comunista che con decisione, nell'intento di attraversare la strada e volere a tutti costi la precedenza, mi incunea i suoi 2 pugni nel fianco, facendomi spostare sino a sbattere contro un atleta alla mia sinistra, apostrofandomi, in un linguaggio a me incomprensibile, parole di sicuro non dolci. Rispondo per le rime nel miglior dialetto pugliese che io conosca e, consolato dal collega coinvolto anche lui suo malgrado nell'episodio, proseguo nel mio obiettivo: terminare la maratona.



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« In fondo alla Moldava vanno le pietre, sepolti a Praga riposano tre re. A questo mondo niente rimane uguale, la notte più lunga eterna non è. »



mercoledì 9 maggio 2012

NOTHING ELSE MATTERS

Ci siamo: l'ora x è arrivata. Quattro mesi di duro lavoro per provare, tra pochi più di 3 giorni, un emozione che rimarrà indissolubile: la prima maratona.
Premetto che il mio augurio è finirla la maratona. E per aiutarmi, cerco da tempo di schematizzare il tracciato di gara suddividendolo in tanti micro-circuiti. Socchiudo gli occhi nell'intento di percorrere ogni singolo km dando il giusto peso ed importanza, ad ognuno di essi. E, nella visione, associo ogni tappa del mio "fantomatico" warm-up a delle persone o situazioni che per me sono state importantissime, forse anche perchè il tempo dei bilanci, a 40 anni appena compiuti, comincia ad avere il suo peso.
Naturalmente porterò nel cuore tutti: amici, parenti, runners e soprattutto i miei 2 cucciolotti. Lo farò non solo per puro edonismo, ma soprattutto per assoluto egoismo, perchè ad ogni chilometro chiederò loro la forza. Quanti più saranno, tante più risorse potrò utilizzare.
Su me stesso conterò solo nei 197 metri finali.
Grazie a tutti per il supporto, gli sproni, i consigli e gli auguri. Spero, come uso dire sempre, di non deludervi mai.
Concludo partecipandovi che questo è un periodo veramente impegnativo, nel quale stanno succedendo tante cose intorno a me.
Ma il mio quotidiano vissuto si fonde solo con l'unica idea fissa che ho nella testa: la linea del traguardo.
Del resto, NOTHING ELSE MATTERS.

"So close no matter how far
 Couldn't be much more from the heart
 Forever trust in who we are
 And nothing else matters"


Mario Filazzola /¥\